- Schreiner Zeitung: Da 25 anni è segretario dell’ASFSM Ticino, un tempo abbastanza lungo per un bilancio dei risultati ottenuti dall’associazione?
- Nicola Giudicetti: Più che lungo, ho vissuto l’evoluzione dell’associazione con due presidenti, Patrizio Dressi e Francesco Lurati. Da un anno è iniziato un nuovo percorso con Renato Scerpella, pure in positivo. Ho lavorato in modi diversi, con obiettivi diversi, ma ho sempre avuto la stima e il soste-gno dei presidenti, e questa è una grande soddisfazione; presidenti e membri di comitato che mi hanno fornito notevoli impulsi per lavorare bene. Certo, all’inizio c’era molto da riorganizzare: quindi con buona lena, abbiamo dapprima puntato sulla formazione, con i primi corsi AWK 2000 e poi con i moduli, per arrivare a rinnovare completamente – anche nel personale insegnante – il nostro centro di formazione di Gordola. Nel frattempo abbiamo organizzato due assemblee nazionali e sviluppato una nuova mentalità di marketing. Ricordo i primi eventi, con la mostra «falegname fenomenale», come pure le commedie, gli spot alla radio e TV, le campagne con le api e le porte aperte delle ditte associate. Ricordo però anche la crisi con la Camera di commercio e la successiva nascita dell’Unione associazioni dell’edilizia. In questi 25 anni l’ASFMS si è fatta più professionale, perdendo forse un po’ di quell’entusiasmo nella partecipazione disinteressata dei soci, aspetto più presente – per necessità – nel passato. E il VSSM ha capito che le nostre esigenze non possono essere automaticamente coperte da Zurigo e questo ci ha favorito nello sviluppo e nell’indipendenza.
Quali sono oggi i bisogni dell’associazione che opera a favore di tutta una categoria professionale, associati e non?
- Eravamo già in ritardo nel 1993 quando iniziai, ma il rapido sviluppo della costruzione in legno ha peggiorato le cose. La Svizzera italiana ha perso il treno della formazione professionale di alto livello (Supsi e Usi) per quanto riguarda la filiera del legno. Eppure il legno è oggi più che mai un materiale a divenire, a condizione che si lavori con le tecniche e le competenze dei nostri tempi. E qui, secondo me, il gap con le altre regioni confederate, è immenso. Mancano tecnici, ingegneri, architetetti, imprenditori, che siano in grado di dare impulso a tutto il settore, valutando correttamente qualità e prezzi, e stimolando il legno nelle costru-zioni. La IBW di Coira, la scuola del Bürgenstock, il BFH di Bienne sono centri di eccellenza che vanno sfruttati meglio, ma ci vorrà tempo per recuperare le competenze.
L’associazione ha tuttavia puntato molto sulla formazione, quanto è importante la cultura educativa?
- Con le nostre forze possiamo arrivare fino ad un certo punto: purtroppo non abbiamo i numeri per fare «gruppo» e non riusciamo quindi ad accedere agli aiuti finanziari che potrebbero favorire la crescita professionale di persone e di nuovi prodotti, e stimo- lare anche i giovani verso una formazione legata al nostro settore. Ed è un peccato. La strada giusta è quella appena iniziata, ossia incorraggiare a proseguire gli studi (con l’accompagnamento di un coach per superare l’ostacolo della lingua) dove le competenze ci sono, e riuscire a influenzare questi centri (vedi Bürgenstock) ad impostare una collaborazione con Supsi e Usi nello sviluppo di una cultura del legno così da proporre dei curricoli formativi anche in Ticino.
Cosa augura alla grande famiglia dei falegnami?
- Ogni ditta deve poter prendere il mano il proprio futuro; tutti devono meglio profilarsi sul mercato, mettendo in evidenza e puntando sulle proprie forze. La qualità artigianale dei nostri falegnami è elevata, purtroppo però la popolazione non sempre lo riconosce. Ma almeno vi sono punti su cui lavorare. Se oggi non ci si mette in mostra si rimane esclusi. L’associazione può aiutare chi vuole andare in questa direzione a condizione di fare team per condividere le necessarie informazioni.
CA
Veröffentlichung: 19. April 2018 / Ausgabe 16/2018